Collisione di due orbite

*******ura Uomo
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Collisione di due orbite
Altro mio vecchio racconto, in uno stile un po' più sofisticato: la parte più fisica è espressa tramite un flusso di pensieri. Decostruzione del senso e tanto Bataille.


Collisione di due orbite

La giornata è già passata. La sto accompagnando alla stazione. È la prima volta che ci incontriamo, nonostante ci scriviamo da tempo. La nudità. Questo è stato il nostro argomento di discussione nei mesi scorsi. Sono ossessionato dalla purezza della luce, dalla nudità del colore. Questi due elementi dialogano ma io li voglio divisi. Impressione e forma. Arrivare a vedere la purezza dell’idea, senza peso, senza gravità. Mentre la luce è ombra, contaminazione, accidente. Questa è la mia pittura. Poi lei, modellatrice di forme, indagatrice della materia. Anche lei cerca la nudità. Quella plastica, quella materica. Il nostro carteggio ha prodotto questa conferenza, dove ho presentato i miei lavori e le mie linee di ricerca; evidenziando il contributo decisivo di questa osservatrice della materia. Non è solo questo il nostro carteggio. Ho avuto modo di conoscere la sua sensualità, i suoi pensieri. So della forza che possiede. La guardo, con le sue gambe nude, il suo aspetto aggressivo e complesso. Il volto, accuratamente truccato. La consapevolezza del suo fascino a cui non si può resistere.
Sto per lasciarla, siamo di fronte alla stazione. Mi ricordo di un winebar lì di fronte. Le propongo un aperitivo. C’è tempo. Entriamo, il mio sguardo cerca la vetrina frigo dei bianchi. Individuo un Franciacorta millesimato. Lo conosco. “Quello!” Indico, al ragazzo dietro al banco. Ci viene aperto e versato in due calici. Osservo il perlage evolversi. Parliamo della conferenza, ma senza troppa convinzione, con frasi di circostanza. Brindiamo e assaggiamo il vino. Chiudo gli occhi. Sento la complessità dei lieviti e un tenue sentore metallico rincorrere ricordi di frutti, il cui nome deve essere scritto in qualche angolo della mia memoria. Continuiamo la conversazione.
I bicchieri sono sul bancone e noi conversiamo appoggiati là. Ad un certo punto lei prende il mio calice e deglutisce un sorso di vino guardandomi negli occhi. Poi rimette a posto il bicchiere. Rimango qualche secondo interdetto. Guardo il bicchiere, l’impronta del suo rossetto. Lo prendo e bevo dalla parte dove è stato segnato. Il vino è corrotto da un sapore estraneo, sembra avere perso il suo aroma. Lei mi guarda con interesse. Poso il bicchiere. Quello che succede nella mia mente è un turbine di sensazioni. Non le governo. L’unica immagine che mi ricollega ai fatti sono le nostre lingue avvolte in una lotta spasmodica. Ci liberiamo dal bacio per rifiatare. Le bocche sono vicine e i respiri si confondono. Le mie labbra aderiscono alla sua pelle, scivolano in basso verso sinistra smuovendole il trucco. I miei denti, sfiorano quella pelle calda. La graffiano come burro. Mi ritrovo con la bocca sul suo torace, la fronte sul suo mento. Spingo leggermente in dietro la sua testa, con un movimento lento e passionale. Risalgo verso destra. Le guance si sovrappongono, la pelle si struscia. Il suo trucco è ora più complesso di un mio quadro. I nostri volti si toccano sulle fronti e il naso. Ascoltiamo i nostri respiri. Nel locale è sceso il silenzio.

Un arco si tende. La sua tensione arma la freccia. Penso al disarticolarsi della materia. A quali forze la tengono assieme. Cosa ne garantisce l’integrità? La negazione del senso, l’impossibilità di dirsi. C’è solo una pulsione di morte. Il vuoto è più pieno della materia. È questo pensiero ad uccidermi. Muoio e rinasco per riviverlo. L’ossessione cavalca le mie azioni. Il palco è un pavimento freddo. La luce non ha più significato. La materia è un concetto sordo, l’anima si disgrega. L’unica immagine che sembra rendermi un senso dell’esistenza è quella di una fiera che uccide la sua preda. Penso ai denti che si urtano. Penso allo stesso concetto di equilibrio, il movimento non lo segue. Le cose sembrano essere legate da un significato onirico che si spande in onde terribili. L’unica certezza è il battito del cuore, ormai senza una determinazione spaziale. Nausea, forza e vigore ne scaturiscono in una composizione mistica. Cerco di associarci un’idea di luce. Questo pensiero vacilla. Sciolgo i nodi del mio animo, ne decanto l’inconsistenza. La presenza della gravità mi atterrisce, mi schiaccia. È qualcosa di esterno che mi disperde, minaccia la mia esistenza. Vorrei essere solo movimento ed elettricità. Rinunciare al mio pensiero. Questo ritorna all’assalto, mi si impone, lotta con la mia bestialità. È una battaglia che avviene alle mie spalle e che io associo all’idea del peso. Inseguo l’istinto. Lo rincorro, provo ad afferrarlo. Le mie convulsioni mi alimentano, sono la mia energia. Lo spasimo carico di saliva, una contrazione e solo brividi.

Ci ritroviamo così a terra, in un magazzino di cui si è dimenticata la porta socchiusa; dentro la stazione. Le nostre menti sono vuote, i nostri polmoni vuoti; le nostre anime anche. Vedo il suo volto. Farebbe invidia a Picasso. Rido. Lei mi risponde con un ghigno. Ci alziamo senza dire una parola, la accompagno al binario. Non sono in grado di formulare pensieri compiuti. Arriviamo come automi al treno. Le porgo la sua giacca che avevo raccolto da terra. La prende e sfiora la mia mano con un dito. Ho l’impressione che sia la prima volta che mi tocca… e invece! Accenna qualcosa con il volto. Il suo volto! Ora è un arabesco di significati. Se ne va così senza dire una parola. Io, ancora perso nell’eco assordante dei miei tremori, la guardo immobile.

L’assenza di significato mi distende. Mi accorda a me stesso. La mia indifferenza mi protegge. Se non fosse per quel movimento del treno che si allontana. Cerco di capire, ora sento il bisogno di pensare. La purezza, la nudità, in quale rapporto sono con me? Le mie azioni sono conformi al mio volere. Questa semplicità dovrebbe far fuggire qualsiasi dubbio ma non spiega il mio malessere. Guardo il travertino che riveste il bordo della banchina del binario. Sporco, usurato, graffiato. Dovrebbe essere bianco, potrei dire il suo colore? Mi scopro a grattarne la superficie con la suola, a osservarne le tonalità. La sua complessità mi attrae.
*********ntom Uomo
911 Post
Sofisticato in effetti, ma affascinante...trovo molto ben riuscito e coinvolgente il passaggio da un abituale linguaggio in prosa a uno più serrato, poetico e istintivo, stile flusso di coscienza, nel momento del coinvolgimento sensuale, per poi ritornare al mondo reale quando il momento è passato e i corpi si dividono di nuovo, lasciando all'immaginazione tutto ciò che tra i due è accaduto di fisico nel frattempo...funziona davvero bene e rende con efficacia le sensazioni di trascendenza del proprio io che si possono sperimentare quando si riesce davvero a perdersi nell'altro... ed è anche significativo il finale, in cui, al di là della malinconia del distacco, l'ultima frase pare sottintendere che l'esperienza abbia fatto cambiare anche il proprio sguardo sulla realtà... (be', verrebbe da dire: ma che vi drogate a fare? Fate un po' di sesso invece, no? *lach*)
*******fun Donna
956 Post
Intenso e denso
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